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Marco Zautzik con i suoi SFOGHI D’ARTIFICIO non solo diverte, ma fa riflettere su quanto le parole possano offrire per far ridere e sorridere . L’autore ed attore di tale opera, opera e vera e propria , dato che per un’ora e un quarto esatta ci tiene attaccati allo schienale e divertirci e a imbonirci con le sue innumerevoli battute alla Frassica o alla Bergonzoni, da cui forse, alla prima impronta, sembra prendere un po’ spunto, ma che poi , col tempo, ci si rende conto, si scosti del tutto. Sì, perché il bello di Zautzik è che la sua sia una comicità del tutto nuova, quasi all’avanguardia, e quasi indispensabile ai giorni nostri in un giorno in cui è d’obbligo, le parole si riprendano il proprio spazio e si riconquistino la propria sensibilità, perché, in realtà, il nostro attore, oltre che a mimare tutto molto bene, (quel poco che c’è da mimarre9, riesce proprio davvero a farci sentire il senso dei termini alfabetici vecchi e nuovi e dei sensi di un dizionario più o meno anziano che sempre risulta poco ovvio di fronte ad una recitazione affatto scontata e affatto reiterata nel tempo.
SFOGHI D’ARTIFICIO è, insomma, un ottimo saggio “d’improvvisazione non improvvisato” ma riflettuto, nonostante tutto, una buona dose di umorismo ben collocato su un palco ben allestito di ottimismo e pacatezza anche, sì: pacatezza, senza sensazionalismi, o colpi di scena, o shock improvvisi, ma con tutto che scorre piacevolmente con serenità e semplice felicità che ci vorrebbe in una commedia che di commedia non ha proprio quasi nulla, ma semmai di monologo comico o di unico atto giocoso, se così si potesse definire, perché di questo si tratta: di un solo atto giocoso, interrotto da atti di allegria, (o, forse, meglio dire di euforia) ad intermittenza, “calibrati da interruzioni effettuati da luci spente per pochi istanti” tra una performance e l’altra.
Insomma, il “signor Zautzik” ha dato proprio , interagendo col pubblico, il meglio di se, ed ha lasciato un ricordo eccellente del suo lavoro, del suo recitare, del suo operare, operare in un teatro che, lo si sa, è in crisi, e forse, non solo per i costi, ma anche per i contenuti, ed il nostro ha mostrato che di contenuti nuovi ci si può ancora avvalere e a cui ci si può ancora aggrappare e a volte lo si può fare per ben più di quarantacinque minuti o solo qualcosa in più.
Michela Gabrielli
8 aprile 2013